Almeno 25 miliardi. Si muove intorno a questa cifra la prossima manovra, stretta fra i nuovi vincoli europei per contenere la spesa e il rinnovo di una serie di misure, che altrimenti sparirebbero a gennaio e che interessano le tasche di molti italiani. Parliamo, in primis, dello sgravio dei contributi per i dipendenti e del taglio delle imposte sui redditi, l'IRPEF. Il Governo è deciso a rinnovarli e insieme valgono 15 miliardi ai quali aggiungere un'altra serie di sconti e incentivi: da quelli per le mamme lavoratrici, al bonus spesa per le famiglie in difficoltà. Si superano così i 19 miliardi di euro necessari, a cui sommare una nutrita serie di spese, per mandare avanti la macchina dello Stato, e altri soldi, 4 miliardi, servirebbero per la ventilata riduzione delle tasse per chi guadagna fino a 60mila euro lordi l'anno. Per trovare i denari non si potrà replicare quanto fatto nel 2023, cioè finanziare in deficit per oltre 15 miliardi, per cui si confida sulle entrate tributarie, con tutte le variabili del caso, e si ragiona sui tagli. Sforbiciata ai ministeri, con possibile riduzione dei servizi ai cittadini, alle agevolazioni fiscali, ma senza toccare le più popolari come quelle per le medicine, per cui i risparmi sarebbero pochi e infine le pensioni. È questo il tema al momento più caldo. Si risparmierebbe oltre un miliardo allungando l'attesa di chi vuole lasciare il lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne, a prescindere dall'età. Ma la Lega è contraria e insiste su Quota 41 interamente contributiva, che comporta esborsi aggiuntivi e non piace a Forza Italia, che vorrebbe alzare gli assegni minimi. In questo quadro le pensioni più alte potrebbero non essere rivalutate all'inflazione e ci sarebbe la proroga degli anticipi che scadono a dicembre: Quota 103, almeno 62 anni di età e 41 di contributi, l'Ape Sociale per i mestieri usuranti e Opzione Donna. Sistemi che comportano penalizzazioni sull'assegno e che non attraggono grandi numeri.