La caccia alle risorse per la prossima manovra è partita. E tra le varie ipotesi si fa spazio una che comporta una nuova stretta sulle pensioni. L’idea che circola riguarda l’uscita anticipata dal lavoro con 42 anni e 10 mesi di contributi, un anno in meno per le donne, a prescindere dall’età. Adesso, chi sceglie questa strada riceve l’assegno dell’Inps tre mesi dopo aver raggiunto i requisiti; dall’anno prossimo questa attesa potrebbe allungarsi a 6-7 mesi. In pratica, per gli uomini si tratterebbe di riscuotere il cedolino della pensione a 43 anni suonati, oltre 42 per le donne. Il tutto permetterebbe di risparmiare più di un miliardo, soldi da impiegare per una legge di Bilancio che appare complicata e che viaggia verso i 25 miliardi. Questa l’entità che si può stimare al momento, tenendo conto che il grosso serve per confermare una serie di misure che altrimenti sparirebbero da gennaio, fra le quali lo sgravio per i contributi dei dipendenti, senza il quale la busta paga di 14 milioni di lavoratori si alleggerirebbe in media di 90 euro al mese, e la riduzione dell’Irpef, l’imposta sui redditi, che interessa 25 milioni di contribuenti. Due interventi che il governo ha promesso di voler rinnovare, mentre meno certezze ci sono sugli sconti per incentivare le assunzioni e quello per le mamme lavoratrici con due figli, così come i 500 euro della Carta dedicata a Te per la spesa delle famiglie più in difficoltà e la riduzione da 90 a 70 euro del canone Rai. Il tutto da conciliare con le nuove regole europee di bilancio, che impongono una dieta, sebbene diluita nel tempo, che non permetterà di replicare quanto fatto con la scorsa manovra, in deficit per oltre 15 miliardi. Qualche sacrificio, dunque, potrebbe esserci all’orizzonte: si parla di tagli alla spesa dei ministeri e di ridurre alcune agevolazioni, ma le difficoltà su questi fronti sono tante e resta sempre la possibilità di nuove tasse o aumenti di quelle esistenti.