Tra le migliaia di proposte di modifiche alla manovra c'è anche quella per una tassa agevolata sull'oro, che spicca perché sarebbe in grado di portare alle casse pubbliche fino a due miliardi di euro. Il balzello presentato dalla Lega non riguarda i gioielli come collane e anelli, ma il cosiddetto oro per investimento, metallo giallo puro al 99% sotto forma di lingotti, placchette e monete. L'idea è quella di permettere a chi non ha un documento che ne attesti il possesso di sanare questa mancanza pagando il 12,5% del valore. Un vantaggio notevole perché adesso, se non si ha un certificato, in caso di vendita si versa all'erario il 26% di quanto si incassa, a prescindere che si realizzi un guadagno. In pratica quindi lo Stato chiederebbe subito un tributo più basso di quello che ipoteticamente si dovrebbe versare in futuro. Una scommessa che falleva anche sulla circostanza che negli ultimi anni sono notevolmente aumentate le quotazioni di quello che è considerato un bene rifugio. La misura porterebbe un gettito fra 1,67 e 2,08 miliardi, ma quanto oro di questo tipo ci sia in giro non è certo, visto che non ci sono documenti ufficiali che lo dicano. Né si può sapere quanti avrebbero intenzione di portare alla luce del sole il loro tesoro. Chi potrebbe avere interesse? Chi ha ricevuto una collezione di monete in dono o l'ha ereditata da un avo e vuole venderla, ma non ha un pezzo di carta che giustifica la provenienza. Difficile invece che si faccia avanti chi ha nascosto lingotti per evadere il fisco o riciclare denaro.























