Mario Draghi è stato tra i primi a indicare la via per contrastare il disastro economico a cui il mondo stava andando incontro a causa del covid, la pandemia era stata dichiarata da un paio di settimane e il 25 marzo in una lettera al Financial Times l'ex presidente della Bce tracciava la strategia per affrontarla, bisogna agire in fretta, scriveva, sarà inevitabile un enorme aumento dei debiti pubblici, per sostenere con la maggior rapidità possibile lavoratori e imprese. Ed è quello che è successo, i debiti pubblici sono cresciuti, arrivando anche a infrangere il tabù del debito comune europeo, introdotto con il recovery Fund, ma i debiti contratti in questo lasso di tempo rimarranno sulle spalle dei governi a lungo, come evitare che rappresentino un fardello troppo pesante? La risposta arriva ancora da Draghi ad agosto al meeting di Rimini, il debito deve essere usato per scopi produttivi, ad esempio, investimenti in ricerca, in capitale umano, in infrastrutture e sembra già un suggerimento su come potranno essere usati i soldi del recovery fund che per i due terzi si trasformeranno in debito pubblico, i sussidi disse Draghi sono stati necessari, ma non rappresentano la soluzione, a dicembre, infine, Draghi mette in guardia sulle imprese, strette tra i debiti e il calo del patrimonio, specialmente le piccole e medie potrebbero avere problemi di solvibilità, i governi, aggiunge, si troveranno a dover fare delle scelte difficili, essere selettivi e decidere quali imprese meritano sostegno e quali no, scelte che presto potrebbe trovarsi a fare in prima persona.