La strategia industriale di Stellantis la conosceremo tra fine estate e autunno. Ma i principali obiettivi del quarto costruttore di automobili, nato dalla fusione tra Fiat Chrysler e Peugeot, a grandi linee li conosciamo. Il matrimonio che dopo il via libera degli azionisti sarà ufficialmente sancito il 16 gennaio rappresenta una strada quasi obbligata per puntare ai vertici di un mercato molto competitivo e messo a dura prova dalla pandemia. In Italia, per esempio, quest'anno le vendite sono calate di quasi il 28% rispetto al 2019. Le sfide sono molte a partire dalla Cina, è il mercato più importante e sia il gruppo francese sia quello italo americano non sono riusciti a conquistarlo. C'è poi da affrontare il futuro dell'auto, motori elettrici e altre tecnologie per inquinare meno, ma anche il digitale con lo sviluppo della guida autonoma. Le nozze, dunque, dovrebbero permettere alle due case di condividere piattaforme di produzione e unire le forze nella ricerca negli investimenti, per questo si parla di sinergie, in pratica risparmi per 5 miliardi di euro l'anno. I singoli marchi sopravviveranno quindi non vedremo il nome Stellantis sulle vetture e saranno salvaguardati quattrocentomila lavoratori e le fabbriche. È questa la promessa è arrivata dai vertici del colosso che sarà guidato da Carlos Tavares, già amministratore delegato di Peugeot, e da John Elkann, erede della famiglia Agnelli che con la sua holding è il primo azionista. I sindacati italiani però sono sull'attenti e chiedono garanzie e il coinvolgimento del nostro governo, che ha benedetto il matrimonio, ma che non è azionista, a differenza di quello francese. Il timore è legato soprattutto alle sovrapposizioni che si potrebbero creare fra i vari stabilimenti e che rischiano di rendere superflua alcune fabbriche che già non lavorano a pieno regime.