Quasi all'unanimità, con l'okay degli ultimi paesi europei riottosi, Ungheria, Irlanda ed Estonia è stato sottoscritto l'accordo sulla tassazione minima globale delle grandi multinazionali, voluto dall'Ocse. Passaggio non ancora definitivo ma fondamentale in vista del G20 di fine ottobre a Roma, in cui i paesi che rappresentano circa l'80% del PIL mondiale daranno sostanza all'accordo di fondo. Dopo lunghi negoziati quindi 136 paesi su 140 dell'organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo, mancano solo Kenya Nigeria, Pakistan e Sri Lanka, hanno raggiunto il compromesso. Simbolico ma molto importante il via libera dell'Irlanda, da vent'anni alfiere delle politiche delle mini tasse per attrarre i big del digitale. Dal 2023, questo l'obiettivo temporale, si dovrà imporre una tassazione minima uguale in tutti i paesi secondo due pilastri, il primo per i gruppi più grandi quelli con fatturato globale superiore ai 20 miliardi di euro, prevede il superamento del classico criterio della residenza fiscale, in pratica dove dichiaro la sede, perciò in tanti la spostano apposta nei cosiddetti paradisi fiscali. Il secondo meccanismo per tutte le società un po' meno giganti ma comunque sopra i 750 milioni di fatturato impone un livello di tassazione minima del 15%. L'accordo renderà il regime fiscale internazionale più equo ed efficace, una grande vittoria per un multilateralismo equilibrato, sottolinea l'Ocse nella nota ufficiale. E' un momento storico, esulta la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen.