Tutto rimandato per almeno altri 10 giorni. I Ministri delle Finanze europei discutano, trattano, si avvicinano ad un accordo, ma non chiudono. Così a 20 giorni dal rientro in vigore del patto di stabilità che definisce le regole fiscali che ciascuno Stato europeo deve rispettare, ancora non si sa se questo verrà riformato o meno. La posizione dell'Italia e dei paesi che la pensano come lei è chiara. Vista la situazione attuale, con guerra, crisi energetiche ed importanti transizioni in corso c'è bisogno di un periodo transitorio di due o tre anni per consentire che gli Stati investano come richiede l'Europa. "Riteniamo che viviamo circostanze eccezionali, che serva un periodo transitorio per tener conto di queste circostanze eccezionali che speriamo non si replichino ancora per molto e che debbano essere tenute in conto quelle che sono le finalità strategiche che l'Europa si è data, in termini di sicurezza e in termini di transizione digitale ed energetica ambientale. Queste grandi, queste grandi finalità politiche richiedono delle regole fiscali coerenti per poterle finanziare, altrimenti rimangono delle nobili principi, auspici ma senza possibilità concreta di traduzione." D'altra parte i Paesi più rigoristi e che hanno meno problemi di debito pubblico chiedono che le regole siano rispettate e che tutti gli stati dell'UE siano in grado di sostenere i loro debiti senza rischiare il fallimento; per questo sono contrari a consentire sconti per gli investimenti digitali, green e sulla difesa e insistono affinché chi sfora di troppo i parametri europei rientri in essi gradualmente ogni anno. Nello specifico si tratta su tutta una serie di dettagli tecnici che potrebbero risolversi in pochi giorni o far fallire la trattativa. Eventualmente, ha dichiarato il ministro Giorgetti, sarà preferibile tornare alle vecchie regole che darsene di nuove, ma irrispettabili.
