Non si arresta la trattativa sulla riforma del Patto di Stabilità. I negoziati tentano di chiarire un quadro complicato, con proposte che rischiano di rendere più stringenti i vincoli finanziari che ciascuno Stato dovrà osservare, un aspetto che ci riguarda da vicino perché il nostro è uno dei Paesi più indebitati. Roma l’ha detto chiaramente: non si può dire sì a regole che poi non si potranno rispettare. Da Bruxelles arrivano segnali contraddittori: parametri meno severi di quelli finora messi sul tavolo e con più anni per mettersi in regola ma con obblighi stringenti da seguire anno per anno. Ma perché la revisione di queste norme, da realizzare entro dicembre e con in vista le elezioni europee, è così importante? Da esse dipende la spesa pubblica che si può fare. In concreto vuol dire quanti quattrini impiegare per Sanità, pensioni, assistenza ai cittadini, sconti fiscali. Se viene deciso che, per esempio, ogni anno bisogna ridurre il debito di una certa quota, ne conseguirà che ci sarà un tetto, più o meno alto, alle risorse disponibili e, in mancanza, effettuare tagli o mettere nuove tasse. Il vecchio Patto di Stabilità è stato congelato dall’inizio della pandemia e senza una riforma tornerà in vigore a gennaio. L’intento è di renderlo più flessibile, in modo da adeguarlo più facilmente alle esigenze dei singoli Stati, tenendo fermi i capisaldi originari: debito al di sotto del 60% del PIL e deficit intorno al 3%. La Germania, alle prese in queste settimane con un colossale pasticcio sui propri conti pubblici, chiede però che ci siano vincoli annuali, controlli e sanzioni effettive sui processi di risanamento a cui sarà chiamato chi ha i bilanci fuori posto. Cruciale, poi, il il capitolo degli investimenti. L’Italia vorrebbe che i denari per la transizione ecologica e digitale, due capitoli sui quali l'Europa sta scommettendo col PNRR, del quale noi abbiamo la fetta più grande, non fossero conteggiati come debito. Se così fosse i nostri compiti a casa sarebbero meno onerosi. Ma, al momento, solo le spese per la Difesa, e di altri fondi comunitari, potrebbero finire per pesare cui conti. Non abbastanza per Palazzo Chigi.