Sembra essere uscito dall'agenda della politica il capitolo pensioni, ma con tutta probabilità ci rientrerà presto man mano che la discussione sulla prossima manovra entrerà nel vivo con un'ipoteca fortissima, i costi sono destinati a correre frenando i desideri di chi vorrebbe ammorbidire le regole per poter lasciare prima il lavoro. A confermare che la spesa per la previdenza crescerà è l'ultimo documento economico firmato dal tesoro che rimanda a settembre le misure che il Governo intende mettere in campo ma che intanto descrive uno scenario ad alta temperatura. L'incremento dei costi nel 2024 sarà del 5,8%, nei tre anni successivi si stima che le uscite per le pensioni saliranno in media a un ritmo che sfiora i tre punti percentuali. Il risultato è che il peso della previdenza sul prodotto interno lordo risulterà maggiore, per avere un'idea si tratta di più del doppio di quello che si impegna per la Sanità. I motivi sono svariati da quelli demografici, la popolazione invecchia, all'inflazione. Gli assegni dell'INPS vengono infatti rivalutati per salvaguardare il potere d'acquisto e nonostante si sia stretta la cinghia per quelli più alti l'aumento dei prezzi ha fatto lievitare la spesa ,ma non c'è solo questo. I vari sistemi di anticipo che abbassano i requisiti anagrafici e contributivi hanno appesantito i conti pubblici, parliamo di Quota 100 del 2019 e delle successive Quota 102 e 103, quest'ultima resa più penalizzante l'anno scorso proprio per motivi di bilancio e valida solo per il 2024. Se il Governo non farà nulla, da gennaio serviranno 67 anni per andare in pensione e con queste prospettive di spesa l'idea cara alla Lega di poter lasciare il lavoro con 41 anni di contributi, a prescindere dall'età, appare un miraggio.