La pesante recessione economica causata dell'epidemia rischia tra qualche anno di ridurre le pensioni. Per capire il perché, bisogna ricordare uno dei meccanismi che incidono sul calcolo dell'assegno. Sappiamo che col metodo contributivo la somma che si riceve varia a seconda di quanti soldi si sono versati all'INPS, altre casse di previdenza mentre si lavorava. Oltre i nostri estraenti c'è un altro meccanismo che incide su quel gruzzolo che si accumula mese per mese. La somma messa da parte viene adeguata in base all'andamento del prodotto interno lordo nell'arco degli ultimi cinque anni. In pratica l'importo della futura pensione dipende anche dal Pil sequesto va male l'assegno futuro può scendere e viceversa. Con un tonfo del Pil, che quest'anno può avvicinarsi al 10%, Il problema si pone: quanto si potrebbe perdere? Difficile fare calcoli precisi perché i fattori in gioco sono tanti. Alcune stime circolate negli ultimi tempi parlano di un taglio di oltre 10 euro al mese su una pensione di 1000. La prima cosa da dire è però che il problema non sembra così urgente. Il tonfo dell'economia previsto quest'anno non avrebbe subito effetto sugli assegni, ma solo a partire dal 2023. Questo uno dei motivi che finora ha spinto il governo a non voler neutralizzare questo pericolo, come invece deciso nel 2015 in seguito alla precedente crisi del debito. Porre un argine prevedendo che i gruzzoli previdenziali restino inalterati anche se il Pil scende avrebbe un costo alto per lo Stato: oltre 2 miliardi per il primo anno, una cifra destinata a crescere successivamente. Infine, c'è da tenere in conto che una robusta ripresa potrebbe in parte attenuare l'impatto sulle pensioni, anche se il crollo che c'è in vista e le incognite sulla pandemia non fanno ben sperare.