Da gennaio si potrà andare in pensione con almeno 62 anni di età e 41 di contributi. Scongiurato dunque con la manovra il salto a 67 anni previsto dalla legge Fornero, che sarebbe scattato se non si fosse trovato un meccanismo per sostituire quello attuale, che scade a fine dicembre. La nuova formula, quota 103, varrà solo per il 2023 che potenzialmente riguarda 48 mila lavoratori, per una spesa, si stima, di 2 miliardi nei prossimi 3 anni. Ci sono però dei limiti. Scegliendo questo anticipo, non si potrà prendere più di 2850 euro lordi al mese, che al netto diventano circa 2000. Chi avesse diritto a un assegno superiore, lo potrà ricevere solo al raggiungimento dei 67 anni. C'è poi un incentivo, stipendio aumentato del 9% se, pur avendo i requisiti, non si lascia il posto. I primi pensionati con quota 103 comunque arriveranno ad aprile a causa del tradizionale slittamento delle finestre mobili. Novità anche perché chi è già in pensione. Nel consueto adeguamento all'inflazione, particolarmente atteso, visti i forti rincari sarà più magro per gli assegni che superano i 2100 euro lordi, circa 1600 netti. Fino a questa cifra allineamento pieno, oltre, andrà a scendere con un minimo del 35% per chi prende più di 5000 euro. La rivalutazione sarà per contro più robusta per le pensioni minime che così arriveranno a 570 euro al mese dai 525 di ora. Il cambio di regime varrà per 2 anni e dovrebbe permettere risparmi per 10 miliardi al 2025. Infine confermata l'Ape sociale, l'anticipo per i lavori usuranti e opzione donna, con un perimetro però più ristretto con 35 anni di contributi e 58 anni di età si potrà andare in pensione solo se si hanno 2 o più figli, altrimenti ne serviranno 59 con un solo figlio e 60 negli altri casi.