Un anno e spiccioli dopo l'annuncio del luglio 2020 arrivano in Italia i primi soldi del Recovery Plan, che proprio spiccioli non sono, 25 miliardi, il 13% circa dei 191 destinati al bel Paese. Per dare un'idea di massima, quasi una manovra finanziaria di quelle pre emergenza pandemica, il denaro è arrivato sul conto corrente del Ministero dell'Economia, che lo verserà nel Fondo rotativo, previsto dall'ultima legge di bilancio, ossia un fondo che anticipa con soldi nazionali le risorse necessarie per avviare i progetti nei tempi previsti, risorse che verranno via via rimpiazzate dai soldi di Next Gen, in arrivo con i successivi assegni da Bruxelles. Fuori dai tecnicismi è iniziata la corsa a far partire bandi e cantieri delle 151 linee d'intervento del PNRR e spendere questi soldi, tutti e bene, la volontà più volte ribadita da Draghi e Franco. Il Governo si è attrezzato finora con gli strumenti considerati indispensabili: semplificazioni per gare e appalti, regole per il reclutamento rapido nella Pubblica amministrazione delle figure necessarie, struttura della governance, ancora da completare. Quello che rischia già di andare in affanno è il cronoprogramma di riforme legato all'erogazione dei fondi europei successivi, Draghi aveva messo nero su bianco che la riforma del fisco avrebbe visto la luce entro luglio, attraverso un disegno di legge delega, lo stesso era stato scritto per la legge annuale sulla concorrenza, ma entrambe le riforme sono state rinviate a settembre, come quella della Giustizia penale e soprattutto civile che è nel pieno dell'iter parlamentare e che abbiamo promesso di approvare entro la fine dell'anno.