Rimettere mano al Piano Nazionale di Ripresa è diventato una priorità e fra Roma e Bruxelles il confronto è aperto per trovare una via di uscita, perché alcuni progetti contenuti nel programma da oltre 200 miliardi, finanziato quasi per intero da risorse comunitarie, non potranno essere realizzati in tempo. Lo ha detto chiaramente il ministro Raffaele Fitto. "Il governo sta lavorando per risolvere queste questioni, d'accordo con la Commissione Europea. Esiste una seconda questione che è collegata complessivamente al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, per la quale anche qui leggo che vengono fatte delle interpretazioni particolari, noi stiamo facendo una verifica. Lavoreremo per trovare una soluzione". Prima, però, il nostro governo dovrà capire quali sono i punti critici e per questo i vari ministeri devono completare, in tempi brevi, un dettagliato quadro della situazione. Solo allora sapremo quali opere si sono impantanate. I ritardi nell'attuazione del PNRR toccano, in modo particolare, la spesa effettiva dei quattrini, sovvenzioni e prestiti, che la Corte dei Conti ha certificato essere ferma al 6%. Se il dato è impietoso, è anche vero che il nostro Paese ha una lunga tradizione di lento utilizzo di fondi europei. Inoltre già nei mesi scorsi si era visto che non si riusciva a rispettare la tabella di marcia e sin dall'inizio erano molti a dubitare che il nostro Paese sarebbe riuscito nell'impresa. Adesso il governo punterebbe a spostare alcuni progetti dal PNRR ad altri programmi comunitari, in modo da avere qualche anno in più per arrivare al traguardo e per poter sfruttare procedure più rapide per impiegare i soldi. Ma non è detto che basti. Bisognerà, in ogni caso, sciogliere una serie di nodi. Per esempio: i bandi lenti a giungere a conclusione, soprattutto quelli in capo ai comuni del Sud; l'inflazione che ha aumentato i costi preventivati; la penuria di personale negli uffici pubblici dovute alle assunzioni a tempo determinato e a stipendi poco allettanti per figure professionali specializzate.