Il penultimatum russo è diventato un ultimatum vero e proprio. Putin va alla guerra del gas firmando un decreto presidenziale che regola il commercio di gas naturale con i Paesi occidentali, e che in pratica dà mandato alla Banca centrale di Mosca di regolamentare i pagamenti in rubli, aprendo appositi conti in valuta locale per le società occidentali che acquistano il gas. Se qualcuno pensava a un bluff, ha fatto capire Putin parlando al popolo russo in videoconferenza, sbaglia di grosso: "Nessuno vende niente gratis, il messaggio dello Zar, in caso di mancato pagamento del gas in rubli, dal primo aprile, i contratti saranno interrotti". Neanche due ore prima di queste comunicazioni il Premier Draghi ribadiva il muro contro muro: "Non è accettabile e non è possibile pagare in rubli". Due ordini di motivi, quindi, il primo politico: non cedere alle contro sanzioni russe, il secondo giuridico e tecnico: perché i contratti sono in dollari o euro e perché i beni scambiati a livello mondiale come petrolio, gas e materie prime, ha ricordato Draghi, hanno prezzi da sempre fissati in dollari o euro. "Non è assolutamente facile cambiare valuta di riferimento, le difficoltà tecniche sono insormontabili. Negli anni è una battaglia che si può anche condurre, ha concluso il Premier, ma occorre tempo". Proprio quello che sembra mancare all'Unione Europea, che sul punto appare compatta. Il Ministro dell'economia tedesco, Robert Habeck, e l'omologo francese, Bruno La Maire, in conferenza stampa congiunta a Berlino non lasciano spiragli: "Non ci lasceremo ricattare da Putin". Francia e Germania non accetteranno in alcun modo di pagare il gas in altre divise rispetto a quelle sancite dai contratti, e si preparano all'eventualità di fare a meno del gas russo, anche predisponendo un coordinamento quotidiano tra i due Paesi. Intanto le misure previste dal decreto presidenziale russo scattano da venerdì e non è un bluff un pesce d'aprile.























