Sono passati 3 anni e mezzo, da quando è stato alzato il velo sulla prima tessera del reddito di cittadinanza, da allora anche in Italia c'è un sussidio contro la povertà. Ma cosa ha funzionato e cosa no? Secondo l'Istat, ha permesso a un milione di persone, insieme al reddito di emergenza avviato con la pandemia, di arrivare a fine mese. Cioè di non cadere in povertà assoluta. Allo Stato, è costato l'anno scorso quasi 9 miliardi, una cifra grossa. A prendere l'aiuto, sono 1 milione e mezzo di famiglie, per un totale di circa 3 milioni di persone. L'importo è in media di 582 Euro, ma si può arrivare a 1200 se si è in tanti sotto lo stesso tetto. Per come congegnato, però, il reddito di cittadinanza premia di più i single anziché i nuclei numerosi. Inoltre, la distribuzione geografica pare squilibrata, con un netto vantaggio del sud non sempre giustificato da una maggiore povertà. Al centro e al Nord, la vita e spesso più cara. Truffe a parte, quelle scoperte sono, peraltro, una piccola porzione del totale. C'è poi il capitolo più controverso, quello del lavoro. Il reddito di cittadinanza, è debole nel riuscire a trovare un posto a chi non ce l'ha. Solo il 4,2% di chi lo ha incassato, ha finora trovato un'occupazione passando per i centri per l'impiego. Così il 70% di chi lo percepiva nel 2019, continua a prenderlo oggi. C'è da dire, però, che una parte di coloro che ha il sussidio, non può lavorare per motivi di salute o perché si tratta di anziani. Inoltre, solo pochi un quinto sono subito occupabili, hanno esperienze o competenze professionali tali, da poter essere inseriti immediatamente in un'impresa. Detto questo, resta il fatto che i Navigator non hanno raggiunto gli obiettivi, e tutte le forze politiche con idee diverse, propongono di rivedere il meccanismo per favorire la ricerca e l'incontro tra chi cerca personale e chi un posto.