Eliminare uno dei pilastri del Jobs Act è l'obiettivo del primo quesito del referendum dell'08 e 09 giugno. Votare sì vuol dire cancellare il contratto di lavoro a tutele crescenti, che stabilisce che il dipendente assunto dopo il 07/03 del 2015 a tempo indeterminato in un'impresa con più di 15 lavoratori, non può essere integrato se licenziato illegittimamente, ma ha diritto a un indennizzo di massimo 36 mensilità di stipendio. Per chi è invece è entrato in azienda prima del marzo 2015 vale a pieno titolo l'articolo 18 dello statuto dei lavoratori e quindi ha la possibilità di tornare al proprio posto se il giudice dichiara infondato e ingiusto il licenziamento. C'è da dire che la rigidità iniziale delle tutele crescenti è stata ammorbidita da parlamento e tribunali, per cui in diversi casi chi ha un contratto di quel tipo può essere reintegrato. Col secondo quesito si chiede di abrogare il limite dei sei mesi di risarcimento per chi è licenziato in una piccola impresa in modo ingiustificato. Se vincesse il sì, chi ha perso il posto in un'azienda con meno di 16 dipendenti, potrebbe ottenere un indennizzo più consistente di quello attuale. Per contro, eliminare la soglia esistente potrebbe risultare paradossale, visto che esistono tetti agli indennizzi per i licenziati nelle grandi imprese. Il terzo quesito chiede di abrogare le norme che permettono di assumere a termine per i primi 12 mesi senza dover giustificare il motivo. Se vincesse il sì, l'impresa dovrebbe mettere nero su bianco la causale per un periodo molto breve. L'obiettivo è quello di ridurre la precarietà. D'altro canto, stringere le maglie potrebbe creare difficoltà alle aziende di fronte agli imprevisti. Il quarto quesito riguarda gli infortuni, se oggi un operaio in subappalto cade da un ponteggio e si infortuna, può chiedere il risarcimento, solo all'impresa da cui è assunto e non da quella titolare del cantiere che aveva commissionato l'opera. Votando sì aumenterebbe la responsabilità delle imprese che delegano con l'obiettivo di arginare incidenti e morti. Chi invece decide di votare no sostiene che la disciplina in vigore è corretta perché se un'azienda si affida a uno specialista, quest'ultimo deve prendersi tutti i rischi.