Misure nuove, fondi vecchi. Per abbattere le liste d’attesa nella Sanità, come annunciato dal Governo alla vigilia delle elezioni europee, di soldi freschi all’orizzonte non se ne vedono. E se la coperta non si allunga c’è il rischio di dover tagliare altri servizi o delegarli ai privati. D’altra parte il decreto, da convertire in legge entro il 6 agosto, esclude nuove spese. Il Ministro della Salute Orazio Schillaci ha assicurato che i quattrini ci sono. Ha stimato in un miliardo i denari necessari per accorciare i tempi per visite ed esami diagnostici: oggi per una TAC in ospedale possono volerci mesi e molti italiani, circa tre milioni, l’anno scorso hanno pagato di tasca propria per farsi vedere da un medico ricorrendo al privato. Quindi, per le nuove misure si utilizzeranno fondi esistenti e quelli destinati in passato proprio per accorciare le liste: 500 milioni dei quali però non sappiamo quanti se ne siano già adoperati. Il tutto servirà per incentivare medici e infermieri a lavorare di più, abbassando la tassazione sugli straordinari al 15%. Ma anche per applicare un sistema rimasto sulla carta, e cioé la precedenza ai pazienti che hanno un’urgenza, facendoli curare intramoenia o in clinica a carico dello Stato. Queste le due misure principali del provvedimento che stabilisce, inoltre, che le strutture private dovranno essere più trasparenti e condividere i loro appuntamenti col servizio pubblico, e che i pazienti che non daranno la disdetta per una visita almeno due giorni prima dovranno comunque pagare il ticket. Ci saranno anche premi e sanzioni ai manager della Sanità, ma non da subito. Anche per le altre misure non ci sono tempi certi: serviranno diversi atti del Governo per renderle operative.