Ad allarmare i 40.000 tassisti italiani è la maggior concorrenza che la riforma ancora in gestazione potrebbe portare. Chi guida un'auto bianca ha paura che sia messo sullo stesso piano di chi offre servizi simili al suo grazie a un'applicazione sullo smartphone. Il timore è che da un mercato regolamentato si passi a uno libero. D'altra parte le nuove tecnologie da tempo hanno cambiato il modo di spostarsi in città, se non si vuole prendere l'autobus o il tram, con costi spesso inferiori a quelli dei taxi. È anche vero che queste piattaforme digitali non hanno lo stesso spazio, pensiamo per esempio a Uber che negli Stati Uniti non ha restrizioni mentre da noi e in altri stati europei è limitato ed è stato oggetto di controversie legali. Lo sciopero dunque è motivato principalmente dalla possibilità che i servizi web siano adeguati a quelli tradizionali e che diventi meno stringente il sistema delle licenze. Tutte possibilità che però ancora non sono messe nero su bianco perché il provvedimento che dovrebbe contenerle, cioè la nuova legge sulla concorrenza la stessa che vuole cambiare le regole sulle concessioni balneari, non è pronta e ci sono dissensi fra i partiti. Si è incaricato il Governo di scrivere le nuove regole sui taxi e nel frattempo si cerca un compromesso con Palazzo Chigi, che sarebbe pronto a un avvicinamento. Continua così un confronto scontro che va avanti da oltre 15 anni con tentativi di liberalizzazione realizzati solo in parte, che finora non hanno portato a una soluzione definitiva.























