Ferma la catena di montaggio a Cassino, così come quella di Pomigliano d'Arco. Lo stesso per un'altra manciata di stabilimenti Stellantis in giro per l'Europa. Uno stop di una o due settimane, ricorrendo a cassa integrazione e ferie forzate. Un nuovo sintomo delle difficoltà del mercato dell'auto continentale della società nata dalla fusione tra Fiat-Chrysler e Peugeot Citroen, che secondo la FIOM-CGIL sta lasciando indietro l'Italia in quella che chiama "grande fuga" dal nostro Paese. I numeri del sindacato raccontano di 9.600 dipendenti persi tra il 2020 e il 2024. Un dimagrimento non dovuto a licenziamenti ma a incentivi a lasciare il posto e alla riduzione degli orari di lavoro, quindi degli stipendi. Attualmente gli ammortizzatori sociali, cassa integrazione e solidarietà, riguardano più del 61% dei dipendenti. Dal 2004 la produzione nel nostro Paese è calata di oltre mezzo milione di veicoli. La quota di mercato è scesa sotto il 30% e per gli investimenti si predilige l'estero dove, sottolinea il sindacato, si costruiscono i nuovi modelli di utilitarie. Fuori dai confini, in Spagna, Stellantis allestirà una mega fabbrica di batterie per veicoli elettrici, insieme a un'azienda cinese e con un contributo europeo, mentre l'analogo progetto di Termoli è naufragato. Anche per questo la FIOM chiede un confronto con l'amministratore delegato Antonio Filosa, che tra qualche mese presenterà il nuovo piano industriale. Appare lontano l'obiettivo di 1 milione di auto sfornate all'anno, come auspicato tempo fa dal Governo che intanto continua il pressing su Bruxelles per allontanare il passaggio all'elettrico e per ammorbidire i dazi americani.























