Gli obiettivi proposti dall'Europa per portare ad emissioni zero la mobilità del futuro sono chiari. E cioè: stop alla vendita di nuove auto con motori tradizionali al 2035. Ma questi obiettivi sono anche effettivamente raggiungibili con questa scadenza temporale? Perchè entro 13 anni l'intera filiera della nostra industria automobilistica dovrebbe trasformarsi completamente, e vale oltre il 5% del PIL e oltre 5.000 imprese, oltre 268.000 occupati. Una trasformazione di queste dimensioni dovrebbe essere pianificata con attenzione, altrimenti le ricadute economiche e sociali potrebbero essere anche molto grandi. E per capirlo basta dare un'occhiata a questo dato, perché un'auto elettrica ha l'85% di componenti in meno rispetto ad un'auto tradizionale. Allora, chi oggi produce quelle 1.200 componenti che sono destinate a scomparire domani cosa produrrà? Ecco perché sindacati e imprese insieme hanno lanciato un grido di allarme al Governo. Perché senza misure di sostegno e senza un piano si rischiano addirittura 73.000 posti di lavoro, 63.000 già entro il 2030. Ma queste sono le previsioni, poi c'è il presente. Con il mercato, appunto a gennaio un nuovo tonfo, -19,7% sull'anno precedente con ormai un certo, anche, disorientamento tra i consumatori. Gli automobilisti italiani hanno drasticamente rinunciato ad acquistare auto a benzina, -39,1%, e a gasolio, -44,2%, però hanno difficoltà, senza incentivi, anche ad acquistare le auto nuove elettriche o ibride ricaricabili. Se noi andiamo a guardare la quota di mercato dell'Italia sull'elettrico rispetto ai grandi Paesi europei, ebbene, siamo fanalino di coda: 3,4% la quota delle totalmente elettriche, 5 quelle delle ibride ricaricabili, insieme non arrivano al 9%.























