Oltre 80 miliardi l'anno, tanto vale l'evasione di tasse e contributi in Italia. Ce lo dice l'ultima relazione del tesoro aggiornata al 2021. È molto più alta la montagna di crediti arretrati che vanta il Fisco, cioè quello che finora si è accertato che non è stato versato, 1200 miliardi, una cifra da capogiro che però è quasi tutta persa perché è in capo a defunti, nullatenenti, imprese chiuse o fallite. Di questi soldi dovuti all'erario se ne potrebbero recuperare solo 100 miliardi e anche così parliamo solo di teoria perché su questi tributi, e molte multe di piccola entità, ci sono una serie di limiti di legge che rendono l'operazione titanica. In questo quadro, che ci colloca tra le pecore nere d'Europa per onestà fiscale, il Governo è mosso dalla volontà di incassare di più ma anche di non scatenare, per dirla con le parole del Vice Ministro all'economia Maurizio Leo, una caccia alle streghe. Esemplare in questo senso il concordato preventivo per le partite IVA che evadono, sempre secondo dati del Governo, 30 miliardi l'anno. Si tratta di un accordo col quale stabilire in anticipo quante imposte i lavoratori autonomi e piccole imprese pagheranno per un biennio a prescindere dal reddito effettivo da un cattivo voto nella pagella fiscale e con l'assicurazione di non subire controlli. Per chi non aderirà ci saranno le consuete verifiche e nessun accanimento, quanto si racimolerà dipende dal numero dei firmatari. Una variabile alla quale è legata l'intenzione di un ulteriore taglio delle imposte per venire incontro al ceto medio. Con la riforma fiscale però il Governo al momento può contare su quattro miliardi, soldi che appaiono insufficienti per confermare nel 2025 la riduzione dell'irpef e lo sgravio sui contributi voluti con l'ultima manovra. Solo per queste due misure servono più di 14 miliardi, senza altre fonti da cui attingere e con i limiti europei sui conti più stringenti, l'obiettivo sembra assai complicato. E quanto si può ricavare dalla lotta all'evasione è un'incognita.