Un'unica rete fissa a banda ultra larga sotto il controllo pubblico. Dovrebbe approdare a questo risultato l'accordo raggiunto da Tim e Cassa Depositi e Prestiti, il braccio finanziario dello Stato. Un'intesa che prevede ancora numerosi passi ma che promette di ridisegnare un settore cruciale per il Paese, anche alla luce del Piano Nazionale di Ripresa finanziato col Recovery Fund europeo. Il fulcro è l'integrazione delle reti esistenti che, si auspica, porterà a una riduzione dei costi, maggiore efficienza degli investimenti, una posa più rapida dei cavi per la connessione super veloce a internet e che potrebbe facilitare l'accesso a tutti gli operatori che vendono servizi digitali. Il memorandum prevede il matrimonio della rete di Tim, che potrebbe essere valutata una ventina di miliardi, con quella di Open Fiber. Il primo è un colosso privato da oltre 40.000 dipendenti erede dell'ex monopolista pubblico, la seconda è la società controllata da Cassa Depositi che da anni sta cablando l'Italia. A meno di sorprese Tim cederà la sua infrastruttura fissa, compresa la parte che arriva dentro le case, alla nascente società che sotto la regia di Cassa Depositi e i fondi stranieri già della partita gestirà l'intera ragnatela. Tim si spoglierebbe dunque della rete fissa, ma i servizi potrà continuare a offrirgli come gli altri operatori e terrà la rete mobile. L'intera operazione non è importante solo dal punto di vista tecnologico ed economico, chi gestisce le autostrade digitali ha in mano anche uno strumento fondamentale per la sicurezza nazionale. Per questo l'intera vicenda avrà bisogno delle autorizzazioni delle autorità di controllo ed è seguita dal Governo, che in virtù del Golden Power ha il compito di proteggere dagli assalti stranieri le aziende strategiche.