Ripartono le catene di montaggio che si erano fermate per l'emergenza coronavirus. Auto, tessile, mobili, riaprono i battenti dopo lo stop deciso a marzo dal Governo, per arginare l'epidemia e con loro anche i cantieri privati e il commercio all'ingrosso legato ai settori aperti. Per 4,4 milioni di italiani si torna, quindi, in fabbrica o in ufficio, lavoratori che si aggiungono ai 16 milioni che non si sono mai fermati, compresi coloro che sono in smart working e che riducono le persone che restano sospese dalle attività, fra le quali chi ha imprese di commercio al dettaglio come bar e ristoranti, ancora sottoposti a limiti. È nell'industria, in senso stretto, che si concentra il ritorno in azienda, più della metà di chi riprende a timbrare, è infatti impiegato nei settori manifatturieri. Un'analisi dei consulenti del lavoro mette in luce, però, anche altri aspetti; delle oltre 4 milioni di persone che ripartono, quasi l'80% sono lavoratori dipendenti. Si tratta, inoltre, perlopiù di impiegati non proprio giovani, visto che circa due terzi di loro hanno più di quarant'anni, le donne, inoltre, rappresentano solo il 25%. Interessante anche il dato geografico; le riaperture aziendali riguardano soprattutto il nord Italia, con percentuali più alte per Emilia-Romagna, Piemonte, Veneto e Lombardia, tra le aree più colpite dal virus, ma anche quelle dove si concentrano le fabbriche e da dove arriva il maggior contributo all'economia italiana. Un'economia già fiaccata dalle chiusure, che si sono rese necessarie. Il nostro prodotto interno lordo nei primi tre mesi di quest'anno, è crollato del 4,7% e questo periodo è stato solo parzialmente condizionato dalle chiusure. Con il piano di ripartenza, che inizia ora, il Governo prevede che alla fine di quest’anno, archivieremo la peggiore recessione dalla fine della seconda guerra mondiale.