La pandemia ha appesantito i conti pubblici quasi ovunque, in Italia il governo ha riversato nell'economia oltre 100 miliardi in deficit per compensare le restrizioni anticovid, alla fine del 2020 il debito arriverà a quasi il 160% del Pil e il deficit sfiorerà l' 11 %. Percentuali impensabili solo un anno fa, quando a regolare i conti pubblici c'erano ancora le regole del patto di stabilità. Non siamo certo un caso unico in Europa, le regole di bilancio sono state sospese fino a tutto il 2021, e forse lo saranno anche per il 2022. Ma cosa accadrà dopo? Un suggerimento, anche questo impensabile fino a non molto tempo fa, arriva da una delle principali istituzioni economiche transnazionali, l'Ocse che ai tempi della grande crisi finanziaria era tra i sostenitori dell'austerità. Ora la capo-economista Laurence Boone in un'intervista al Financial Times sembra dettare un cambio di linea, una volta iniziata la ripresa e con i tassi di interesse che rimarranno bassi a lungo, i governi, ha dichiarato Boone, dovrebbero proseguire con la spesa pubblica in deficit e riduzioni di tasse per sostenere la crescita e ridurre la disoccupazione. Gli Stati democraticamente eletti e le politiche fiscali devono tornare protagonisti e le banche centrali, i cui manager non sono passati dal voto popolare e le politiche monetarie, avere un ruolo di appoggio. Un eventuale ritorno all'austerità dei conti pubblici, sostiene Boone, potrebbe avere dei contraccolpi negativi. La gente si rivolterebbe contro aumenti delle tasse o politiche restrittive per far tornare deficit e debito ai livelli pre pandemia, la lezione, dice Boone, l'abbiamo imparata dalla crisi del 2009, l'errore all'epoca non fu la mancanza di stimoli all'economia, ma la stretta che venne dopo.