Libia, Onu: i migranti vanno liberati

04 lug 2019
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Mentre non è ancora chiaro il bilancio dei morti del massacro avvenuto al centro di detenzione di Tajura, alle porte di Tripoli, a causa di un bombardamento attribuito alle forze del generale Khalifa Haftar - si parla di una cinquantina di vittime, ma altre fonti fanno salire la cifra a un centinaio - una certezza c'è: la crisi libica si sta giocando sulla pelle dei migranti. L'esecutivo, guidato dal Premier Fayez al-Sarraj, ha comunicato di essere pronto a rilasciare tutte le persone nei centri di detenzione, a migliaia in tutto il Paese, perché la loro sicurezza non può essere garantita. La risposta del generale Khalifa Haftar, al comando dell'esercito nazionale libico, non si è fatta attendere. L'uomo forte della Cirenaica si è detto pronto a cooperare per un'uscita immediata dei migranti dai centri di detenzione, accusando le forze governative di usarli come scudi umani. Al di là delle dichiarazioni di facciata, che stridono rispetto a una realtà che di umano ha ben poco, una linea rossa è stata superata nella nuova guerra libica. E la debolezza dell'ONU, che, dopo l'ennesimo Consiglio di sicurezza, ha deciso di non decidere, stabilisce che ogni cosa ormai sul terreno è permessa. Fonti diplomatiche al Palazzo di vetro hanno fatto sapere che gli Stati Uniti hanno bloccato una dichiarazione di condanna. Il Dipartimento di Stato in precedenza aveva condannato l'attacco aereo, senza però chiedere il cessate il fuoco. Una posizione, questa, che sarebbe linea, stando a fonti di Tripoli, con quella di Sarraj, deciso ad andare fino in fondo contro il generale Haftar. Di certo sostenere quest'ultimo si è fatto più difficile anche per Francia e Russia, che in queste ore parla apertamente di rischio di guerra civile su larga scala. La sua trasformazione, da signore della guerra a uomo politico e possibile statista, appare sempre più incompiuta e improbabile. Nell'incertezza generale e col rischio che quanto accaduto a Tajura si ripeta, l'UNHCR ha chiesto all'UE di sostenere i piani di evacuazione, e anche in questo caso la trasformazione da Unione europea persa in chiacchiere a forza in grado di agire sembra destinata al fallimento.

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