Nei prossimi 12 mesi si voterà in oltre 70 Paesi. Un esercizio democratico che coinvolgerà circa la metà della popolazione adulta del globo e allo stesso tempo un test per la democrazia, come mette in guardia parte della stampa internazionale. Il 2024 sarà stressante per chi tiene alle democrazie liberali, titola inquieto l'Economist, mentre il Financial Times si preoccupa per una gioventù che sembra rifiutare in diversi Paesi lo status quo. Il quotidiano britannico analizza questo anno elettorale ricordando i vari gradi di libertà delle Nazioni coinvolte. Nessuno attende sorprese, per esempio, dalle urne in Russia o nella vicina e alleata Bielorussia. Vladimir Putin, con l'allontanamento artico dell'attivista Alexei Navalny, ha fatto già capire che non ci sarà spazio per l'opposizione al voto e a Minsk non sarà molto diverso. Ci sono invece paesi come l'iran e la Tunisia in cui benché la leadership non lasci spazio alcuno a dibattito politico e contestazione, l'accesso alla competizione elettorale è più ampio ma il risultato della corsa già praticamente scontato. Diversa invece la situazione in democrazie come l'India, la più vasta al mondo, l'Indonesia o il Messico, dove il timore degli osservatori nazionali e internazionali è che i vincitori possano continuare la tendenza già in atto di indebolire dall'interno le istituzioni democratiche nazionali. Il Premier indiano Narendra Modi, per esempio, cui è attribuita l'ascesa economica del Paese è per i suoi detrattori un nazionalista che fomenta le tensioni interreligiose. Preoccupazione c'è anche per il possibile rafforzamento, alle urne europee di Austria e Portogallo, di movimenti dell' estrema destra sovranista che anche se non in grado di formare un Governo potrebbero imporre il proprio peso sulle politiche nazionali.