L'evacuazione dei 15 mila americani rimasti in Afghanistan, dopo la presa di potere dei Talebani, procede a pieno regime. Messo in sicurezza l'aeroporto di Kabul, con oltre 5 mila Marines e gli F-18 che sfrecciano bassi, i giganteschi C-17 dell' Air Force decollano al ritmo di 12 al giorno. Trasportano cittadini statunitensi e personale diplomatico, ma anche afghani che hanno che hanno ottenuto uno dei visti speciali emessi dal Dipartimento di stato. Gli Stati Uniti si sono impegnati ad accoglierne almeno 20 mila. Solo nelle ultime 24 ore hanno fatto uscire dal paese 2 mila persone, dalla fine di luglio sono 12 mila. Cercheremo di completare l'operazione entro in 31 agosto, ha detto il presidente Biden, ma se dovesse servire i militari resteranno fin quando l'ultimo americano non avrà lasciato l'Afghanistan. Nella prima intervista rilasciata dopo il rovesciamento del governo filo statunitense Biden, ammette col senno di poi, di non aver pienamente valutato i rischi del ritiro, ma smentisce che i militari gli avessero consigliato di lasciare un contingente sul terreno e rivendica la scelta di andarsene. Nessun rapporto di intelligence aveva previsto il collasso di Kabul in appena 11 giorni, hanno dichiarato anche il segretario della Difesa Austin e il capo degli Stati maggiori congiunti Milley smentendo indiscrezioni circolate in questi giorni. Insomma davanti agli attacchi della comunità internazionale a Washington, è un gioco a non restare col cerino in mano e Biden prova a rispondere alle critiche mostrando i muscoli. Se i Talebani vogliono essere riconosciuti, dice, dovranno garantire i diritti delle donne, vigileremo esercitando pressione economica e diplomatica. I consiglieri della sicurezza nazionale della Casa Bianca sono del resto fermamente convinti, l'Afghanistan non è più il pericolo numero uno, altre regioni pongono più rischi. Ma per difendersi, spiegano, oggi non è più necessario mandare soldati sul campo. Una visione non da tutti gli esperti condivisa e che comunque lascio in balia dei talebani chi resta. Secondo un rapporto dell'ONU i nuovi padroni di Kabul hanno in mano le liste di chi ha collaborato con i governi occidentali in questi vent'anni e li stanno andando a prendere casa per casa.