Diversi siti e gruppi WhatsApp talebani sono stati chiusi venerdì. Iniziativa, scrive il Washington Post, dovuta al tentativo di limitare la diffusione della propaganda talebana online. WhatsApp è infatti proprietà di Facebook, piattaforma che come YouTube ha scelto di rimuovere tutti i contenuti dei talebani, considerati opera di un'organizzazione terroristica. Ma il divieto sulla carta non basta. Nelle ultime settimane pagine e canali gestiti dal gruppo islamico si sono moltiplicati. Discorso valido a maggior ragione su Twitter, che vieta solo genericamente contenuti che incitano all'odio o alla violenza. Gli esperti sono d'accordo: non solo i talebani di oggi sanno utilizzare i social media a proprio vantaggio per fare propaganda in lingue diverse, ma sono esperti nell'aggirare i divieti imposti dalle piattaforme. Cambiano lo spelling degli hashtag o dei termini chiave nei post e negli account, comunicano tramite App di messaggistica criptate come Telegram e WhatsApp, mascherano le pagine politiche da account di supermercati. Quando un account viene chiuso, velocemente ne viene aperto uno nuovo. Anche in questa occasione, dunque, i social media si mostrano disuniti e inefficaci nel moderare i contenuti indesiderati. E se la Comunità Internazionale dovesse riconoscere il nuovo Governo talebano in Afghanistan una nuova linea comune sarà necessaria.