"In ogni missione, lascio un pezzo di cuore, ma qui spesso, io e i miei colleghi, portiamo gli occhiali da sole, solo perché non ci vedano piangere". È un militare a raccontare l'evacuazione da Kabul. Lo fai in mezzo a tanti bambini, donne e uomini che in turno dormono e sfiltrati, al gergo militare, dall'inferno delle file. Queste file. "Stiamo andando al Nord gate. Il Nord gate è uno dei primi gate che abbiamo utilizzato per salvare i civili e vedrete adesso che ancora controllato ma noi non lo utilizziamo più". "Questo è il gate Nord. Uno dei gate dove si sono formate le lunghe file per poter arrivare fino all'aeroporto, all'interno dell'aeroporto di Kabul. Un gate molto difficile, perché da qui, come ci spiegavano gli stessi Carabinieri, si entra praticamente uno alla volta, ma c'è la folla che spinge e quindi spesso si è dovuti procedere raccogliendo le persone dall'alto del cancello, tirandole su e quindi era sicuramente un modo per salvarle molto difficile. Gli occhiali da sole, ci spiegano, servono a mascherare le lacrime quando dà questi file devi estrarre qualcuno ma non puoi prendere chi ha accanto. Indietro infatti ne restano molti. A breve scatterà l'addio all'Afghanistan dell'Occidente, che tanti contestano perché troppe persone resteranno in fila, senza speranze. Tommaso Claudi, il Console, che ogni giorno, insieme ai Carabinieri del Tuscania, a quelli del Settimo Reggimento, sempre instancabili e professionali, raccoglie direttamente da queste file, molte degli afghani vulnerabili o che anno collaborato con il nostro contingente, e che ora possono venire in Italia. "Io, come tutti gli altri colleghi qua, siamo innanzitutto servitori dello Stato. E in una situazione così drammatica, essere servitori dello Stato significa innanzitutto aiutare le persone che hanno bisogno della nostra assistenza. E questo lo facciamo appunto con lavoro di squadra, con tutte le amministrazioni qui presenti, quindi Esteri, Difesa, l'Arma dei Carabinieri". "Anche oggi sono state centinaia le persone che sono state estratte da queste file. Queste file che abbiamo potuto vedere, dove però ci sono ancora migliaia di persone in attesa della possibilità di partire. Le persone che sono all'interno di questo hangar, arriveranno tutte in Italia. Sono in attesa di uno dei C-130 che li porterà prima nella base aerea del Kuwait e poi direttamente nel nostro Paese". In attesa di partire, in questo hangar ci sono anche cinque giocatrici della squadra di calcio femminile. "Bimbi, tanti bimbi stanno male lì. Vedi tante persone senza la possibilità di mangiare, senza acqua, caldo, brutto, troppo casino". La partenza su uno dei cinque C-130 dell'operazione Aquila Omnia, è una fila composta di persone, più di 100 ad ogni volo, per portarne in Italia, via Kuwait, quante più possibili. "È questo uno degli ultimi voli umanitari che riporterà civili afghani verso l'Italia. Questo per mettere in salvo più persone possibili, più civili possibili che hanno collaborato con le ONG italiane, con le nostre sedi consolari e la nostra ambasciata, ma anche con i tantissimi collaboratori dei nostri contingenti, in particolare quelli di Herat. La deadline del 31 agosto mette a rischio molti di loro, sono centinaia quelli che ancora aspettano. Molti di questi ancora all'interno delle infernali file che ci sono ancora fuori dall'aeroporto di Kabul, mentre i talebani hanno ormai chiuso l'accesso per gli afghani verso l'aeroporto". Anche noi stiamo per imbarcarci. Prima di salutare, un militare ci mostra due braccialetti ricevuti da una bimba che ha salvato. Il suo modo per ringraziarlo, ci spiega, e mentre li mostra, indossa di nuovo gli occhiali da sole, anche se è già notte.