Sempre più sole, così vivono le donne afghane dopo la conquista della capitale da parte dei talebani. Abbandonate in primis dallo stesso Governo che avrebbe dovuto tutelarle non cedendo all'avanzata del gruppo estremista e poi dalla coalizione internazionale che oggi si ritira. Lasciate nelle mani di quegli uomini che ancora una volta si erigono a giudici dei loro sogni, delle loro ambizioni e delle loro vite. Il mondo le guarda, ma non basta. Proprio una donna, una giornalista, ha alzato la voce e affrontato in conferenza stampa il portavoce della milizia. "Quale saranno anche le ha conseguenze sulla nostra vita. Lei appunto si è fatto sfuggire diverse volte che, e cito: "le donne starebbero meglio a casa" fine della citazione. Mi domando quindi quello che è stato fatto per cercare di o implementare o di non implementare questo ragionamento, questi pensieri". Una domanda diretta che senza paura chiede spiegazioni, ma alla quale non segue nessuna reale risposta. "Tutta la nostra attenzione, tutto il nostro focus si concentra assolutamente sulla questione che lei ha appena citato. Allora, innanzitutto noi vogliamo che i diplomatici, le ambasciate, i Consolati rimangono aperti". Devono restare in casa, questo l'avvertimento che arriva oggi dai talebani che però giustificano la scelta come temporanea, necessaria secondo loro a tutelare la sicurezza delle stesse donne in attesa di un sistema appropriato nel quale possano lavorare. Ma qual è questo sistema appropriato? Un sistema basato sulla legge islamica, la sharia, pensato e deciso dagli uomini per le donne che nel sottofondo di promesse vacue le limita in tutte le libertà fondamentali e che chiude la porta degli uffici in faccia alle lavoratrici. Quel futuro che i talebani avrebbero quindi promesso non sembra essere poi così diverso da quello che anni prima le aveva costrette quasi ad annullarsi. E se gli ultimi 20 anni hanno cambiato o no i talebani, sicuramente hanno cambiato le donne che hanno, di diritto in diritto, conquistato il loro posto nel mondo. Posto che ora più che mai è necessario difendere.