Prima di Kabul era caduta nell'incubo Jalalabad. E chissà se prima di Kabul, Jalalabad è scesa in piazza contro i talebani. Per le strade si è rivista la bandiera tricolore del vecchio Afghanistan. Sventolando il loro tricolore, hanno marciato pacificamente centinaia di persone, inclusi i bambini. Con il vessillo bianco del nuovo califfato, i talebani hanno represso nel sangue la prima protesta da quando hanno conquistato il Paese. Come racconta a Sky Tg24 un testimone, il bilancio delle vittime sembra essere più tragico di quanto trapelato inizialmente sui media locali. Nella prima conferenza stampa, il nuovo potere aveva promesso una transizione pacifica. Di più, un'amnistia. Morti e feriti sono invece l'esordio della gestione talebana del dissenso. Le manifestazioni, avvenute anche a Khowst, nel sud-est, sono anche il segnale della resistenza di parte della popolazione in alcune province. Mentre è forte la preoccupazione internazionale per le sorti delle donne, che ora dovranno sottostare alla Sharia, la legge islamica. Continuano l'evacuazioni e i tentativi degli afghani di scappare oltreconfine. Intanto è rientrato in patria uno dei fondatori del movimento talebano, Abdul Ghani Baradar, probabile guida del futuro emirato islamico dell'Afghanistan. E mentre a Kabul i leader talebani hanno incontrato l'ex presidente Hamid Karzai, chiedendo alle forze armate di sostenerli, è riparato negli Emirati Arabi Uniti l'ultimo capo di stato della democrazia afghana, Ashraf Ghani. In un discorso alla nazione via Facebook, Ghani ha respinto le accuse che lo vorrebbero fuggito con 169 milioni di dollari. Ha sostenuto invece il dialogo tra i talebani e il suo predecessore e ha concluso con una promessa ormai improbabile: "tornerò presto". Nel Paese abbandonato dalle missioni militari occidentali, i talebani hanno messo le mani su materiale bellico non solo americano. Queste immagini li ritraggono nella palestra di Camp Arena, in quella che fu la base italiana di Herat.