"Le accuse e le minacce contro Al-Sharif non sono iniziate solo nelle ultime quattro settimane. Fin dall'inizio del suo lavoro ha ricevuto molte minacce dalle forze israeliane. All'inizio ha ricevuto una chiamata da un ufficiale dell'intelligence israeliana che lo ha minacciato di interrompere il suo lavoro di reporter. Gli ha detto: "Sappiamo dove ti trovi adesso. Ti ordiniamo di lasciare Gaza e di interrompere il tuo lavoro". Ma lui si è rifiutato di lasciare Gaza e ha continuato il suo lavoro di cronista. E pochi giorni dopo questa minaccia la sua casa è stata presa di mira da un missile israeliano che ha ucciso suo padre". Solo un mese fa il comitato per la protezione dei giornalisti aveva espresso grave preoccupazione per la sicurezza di Al-Sharif, accusando l'esercito israeliano di averlo preso di mira con una campagna diffamatoria che, secondo il reporter palestinese, rappresentava il preludio al suo assassinio. Sempre secondo il comitato, l'esercito israeliano aveva intensificato i tentativi di screditare Al-Sharif, dopo che il giornalista, in diretta, si era commosso raccontando la carestia a Gaza. "Lo scopo di questo assassinio è chiaro. È chiaro che le forze israeliane e il governo israeliano vogliono nascondere la verità. Vogliono nascondere i loro crimini affinché non vengano riportati. Vogliono nascondere il loro genocidio, non vogliono che il loro genocidio venga documentato. Come giornalista, come giornalista palestinese, come collega di Al-Sharif, Mohammed e di altri, ritengo che la giustificazione di questo crimine sia un crimine aggiuntivo. È il momento, anche se in ritardo, ma è il momento di intervenire per proteggere i giornalisti palestinesi. E non ci arrenderemo". .























