Le auto accatastate per le strade, oltre 120 mila, è stato calcolato come modellini surreali eppure su scala naturale. La gente con le buste ai piedi a spalare il fango con pale e scope, l'improvvisazione della necessità. Sono state queste le immagini della devastante alluvione di Valencia, un bilancio di 222 morti, il più grave per una calamità naturale mai visto in Europa. Immagini che tormentano ancora oggi il paese. La cosiddetta zona zero oggi si può raggiungere senza dover lasciare l'auto a tre km di distanza per poi proseguire a piedi usando i pochi ponti sopravvissuti alla furia dei fiumi esondati. Dopo oltre una settimana sono tornate luce e acqua corrente, le linee della metropolitana dovrebbero riaprire il 3 dicembre. È qualcosa ma non basta. Le sindache di Paiporta, Benetusser, Cataroja, con un comunicato congiunto invitano le autorità a non abbandonare i cittadini. Resta il fango in oltre 1000 tra magazzini e parcheggi sotterranei. Restano centinaia di case distrutte e altre in cui non è possibile rientrare perché pericolanti. Restano gli impianti fognari danneggiati e resta soprattutto un diffuso sentimento di indignazione per quello che una politica più attenta avrebbe potuto e dovuto evitare. A mezzabocca riferendo al parlamento Valenziano lo scorso 15 novembre, il Presidente della Regione, Carlos Mason, difendendosi ha ammesso alcune colpe. Non esistono esperienze precedenti paragonabili, ha detto, per questo mi scuso con chi ha avuto la sensazione che gli aiuti non fossero sufficienti. Non così il Presidente del Consiglio Pedro Sanchez. Madrid ha stanziato un altro pacchetto di aiuti, il terzo da due miliardi e 200 milioni di euro per un totale di 14 miliardi e 300 milioni. Migliaia di studenti si preparano a tornare in classe, qualcuno già in questi giorni, gli altri a gennaio in scuole container. Nei 78 municipi colpiti si cerca di tornare alla normalità, riaprono le birrerie, un barbiere taglia i capelli gratis per la strada, la sfida più grande, oltre a quella economica è morale.