Dimenticate battaglie ideologiche e slogan intransigenti buoni per costruirsi un'identità, archiviato con le Convention il primo tempo la partita per vincere davvero le elezioni americane si sposta a centrocampo. Kamala Harris e Donald Trump sono a caccia di elettori moderati e indipendenti. La vicepresidente Democratica cerca di scrollarsi di dosso l'etichetta di radicale di sinistra e nella prima intervista da candidata abbandona la linea aperturista sull'immigrazione, diventa più realista del presidente quando parla dei tempi della transizione energetica e conferma la politica di sostegno a Israele che scontenta l'elettorato giovane e filopalestinese, ma piace alla maggioranza. Sempre più sondaggi la vedono in vantaggio anche negli Stati decisivi sull'avversario repubblicano Donald Trump che fatica a starle dietro mentre pattina sul ghiaccio di argomenti scivolosi come i diritti riproduttivi delle donne. Dopo aver suggerito il contrario facendo infuriare il suo partito ieri sera ha corretto il tiro annunciando che in Florida, dove risiede, voterà contro la legalizzazione dell'aborto dopo le sei settimane di gravidanza, tentando poi di placare l'ira dell'elettorato femminile promettendo di rendere le pratiche di fecondazione assistita a carico del governo. Entrambi predicano la volontà di nominare un ministro del partito opposto anche se alla fine il messaggio politico sembra essere votate me perché non sono quell'altro. Lunedì insieme al Presidente Biden, rientrato da due settimane di ferie, Harris farà un comizio a Pittsburgh, nella Pennsylvania contesa, tra dieci giorni lei e Trump si scontreranno per la prima volta in un dibattito televisivo.