L'appuntamento con le urne sarà il 5 novembre. È questa la data in cui gli Stati Uniti sono chiamati al voto per eleggere il nuovo Presidente, ma la strada per arrivarci è lunga e complessa. Da gennaio a giugno i 50 stati federali, più il distretto di Columbia, sono chiamati a scegliere i delegati che li rappresenteranno alle convention nazionali dei rispettivi partiti dove saranno definiti i ticket presidenziali. Iniziano così primarie e caucas. Le prime che funzionano con una sorta di normale elezione, sono gestite e organizzate dallo Stato e prevedono il voto nei seggi o per posta, solo tra gli iscritti al partito o aperte a tutti i residenti a seconda della scelta locale. Il sistema non prevede che si voti direttamente il candidato Presidente ma la persona che li rappresenterà al momento di scegliere chi ufficialmente sarà in corsa. I caucas sono invece assemblee gestite dai partiti. Richiedono agli elettori di presentarsi a un orario in un luogo prestabilito in cui ogni partecipante discutere pubblicamente le proprie preferenze, tentando di attrarre gli altri verso il nome del proprio favorito. Dopo questi dibattiti si selezionano i delegati da inviare alle riunioni dello Stato di appartenenza, durante le quali vengono scelti i nomi per le rispettive convention. Tradizionalmente ad aprire i giochi sono i caucas dell'Iowa. Il Partito Repubblicano inizia il 15 gennaio, per poi proseguire nel New Hampshire il 23. Tra i primi a votare, e particolarmente importante quest'anno, in vista della tentata rimonta di Nikki Hley, di cui è stata Governatore, è il South Carolina, fino ad arrivare al Super Tuesday fissato il 5 marzo, giorno decisivo in cui si vota in 16 Stati. A quel punto il nome del candidato repubblicano alla corsa alla Casa Bianca dovrebbe essere certo. Più semplice invece il processo Democratico. Con un Presidente in carica, al netto di sorprese last minute, la scelta dovrebbe essere scontata.