A poche ore dall'apertura del G7, mentre le delegazioni raggiungono Kananaskis, tra vette rocciose e laghi sterminati, nessuno sa che piega prenderà questo vertice: stravolto dalla crisi tra Israele ed Iran, subiudice all'imprevedibilità di Trump. Il Presidente americano arriva per ultimo e qui tutti aspettano di capire le sue reali intenzioni. Nessun diplomatico si sbilancia, a cominciare dall'apertura dello stesso Trump ad una possibile mediazione di Putin con l'Iran. "Vediamo", l'unica risposta che arriva tra imbarazzo e difficoltà per chi da tre anni sostiene Kiev, senza se e senza ma, ad immaginare un ruolo ufficiale del Cremlino sul Medio Oriente. Ma Trump, piaccia o non piaccia, in questo momento è una sorta di dominus e dalla sua posizione si comincerà a discutere. Archiviata in partenza l'opzione di un documento finale firmato da tutti, anche le dichiarazioni sui singoli capitoli rischiano di complicarsi. Israele chiede il sostegno del G7 per l'azione contro Teheran, ma il G7 non può parlare di Israele facendo finta che Gaza non esista. Contorsioni diplomatiche dalla difficile soluzione. Martedì arriverà Zelensky, anche per lui non sarà una passeggiata e anche per lui dipenderà dalla postura che assumeranno gli Stati Uniti. Stesso discorso per la partita sui dazi. Giorgia Meloni è arrivata per prima già sabato. Dalla delegazione italiana ripetono che la linea è una sola: dialogo e de-escalation. Ne parlerà nei bilaterali con Starmer e Merz. Poi vedrà Trump. Consapevole che la sua vicinanza con il Presidente USA riverserà sull'Italia tutte le oscillazioni provocate dal tycoon. .