Questo è il tredicesimo attacco antisemita dall'8 dicembre ad oggi a New York. E' un cancro. Il governatore Andrew Cuomo è appena uscito dalla casa del rabbino, bersaglio di un terribile attacco da parte di un uomo armato di machete che davanti alle telecamere pronuncia queste poche parole che danno però l'idea dell'aria che si respira nella Grande Mela e più in generale negli Stati Uniti: il risveglio dell'antisemitismo. E' sabato sera quando, nel pieno delle celebrazioni per la settima giornata della festa delle luci, un uomo entra in casa del rabbino a Monsey, a pochi chilometri da New York, estrae un machete e inizia a ferire alcuni dei presenti ed è il panico. Poco più tardi l'attentatore verrà fermato e arrestato ad Harlem. Si tratta di un afroamericano di 37 anni. Nei suoi confronti le autorità presentano 5 capi d'accusa, fra cui tentato omicidio e rapina. Un gravissimo episodio, l'ennesimo di violenza contro la comunità ebraica, condannato in modo bipartisan. Il centro Wiesenthal lancia il suo appello direttamente a Donald Trump, al quale chiede di fermare gli attacchi, ordinando all'FBI di creare un'apposita task force. I candidati democratici alla Casa Bianca parlano di attacco vile e orribile. Lo stesso Presidente invita a unire le forze per combattere, affrontare e sconfiggere la piaga dell'antisemitismo. Toccherà alle indagini stabilire il perché del terribile attacco, anche se la modalità e il bersaglio scelto alimentano un sospetto. La corsa delle primarie democratiche per le prossime presidenziali vede tra i protagonisti tre candidati ebrei, Bernie Sanders, Michael Bloomberg e Tom Steyer. L'ondata di violenza in atto potrebbe riflettere l'avversione all'ipotesi di una presidenza ebrea negli Stati Uniti.