Gli attentati all'aeroporto di Kabul segnano un cambio di marcia nella storia dell'Afghanistan e questo cambio di marcia ha due immagini simbolo: da un lato la bandiera bianca dei talebani, dall'altro la bandiera nera dell'Isis-Khorasan. Sono due volti di una stessa minaccia per l'Occidente ma sono due volti in guerra tra di loro in Afghanistan. Perché se gli attentati hanno avuto come vittime civili afghani e militari statunitensi, il vero obiettivo era il controllo del Paese, il controllo dell'Afghanistan, delle sue materie prime, le coltivazioni di oppio, le armi lasciate indietro dalla coalizione che si sta ritirando, i territori (la storia lo insegna) sono perfetti per campi di reclutamento, i suoi uomini, un intero Paese potenzialmente dedicato al Jihad. In tutto questo gli Stati Uniti e l'Occidente sono funzionali alla narrazione, alla narrativa, e al reclutamento. Su breve periodo la promessa di Joe Biden "vi daremo la caccia, ve la faremo pagare" apre soltanto punti di domanda. Come e quando il comandante in capo terrà fede a questo impegno resta da vedere. Quello che resta oggi, invece, è l'immagine di un uomo curvo e con gli occhi lucidi. Sul medio periodo invece per l'Occidente c'è il rischio che riparta la stagione degli attentati, magari portati a termine da lupi solitari galvanizzati dagli eventi degli ultimi giorni. La guerra al "terrore" potrebbe vivere un nuovo slancio. Infine.. infine c'è l'Afghanistan. L'Afghanistan che è teatro ed è anche protagonista: la musica vietata, le donne che devono stare a casa. Le prime mosse dei talebani ufficiali riportano il Paese indietro nel buio degli anni Novanta e la situazione non può che peggiorare nello scontro con l'Isis Khorasan. Tutto questo mentre al Nord le milizie di Massoud, quella che un tempo era l'alleanza del Nord nella valle del Panshir, organizzano la resistenza.