"Il nobile percorso del leader della resistenza Nasrallah continuerà" lo scrive il portavoce del Ministero degli Esteri della Repubblica islamica dell'Iran. Principale sostenitore di Hezbollah l'Iran ha finora cercato di tenersi alla larga da un conflitto sempre più esteso su scala regionale ma l'uccisione di Hassan Nasrallah, leader del Partito di Dio, in un attacco aereo israeliano complica lo scenario. La guida suprema Ali Khamenei dal luogo sicuro in cui si trova ha definito un dovere di tutti i musulmani schierarsi a fianco del popolo libanese e con Hezbollah. Già convocata tra l'altro una riunione di emergenza del Consiglio Supremo per la sicurezza nazionale e l'ayatollah Hassan Akhtari, Vicepresidente dell'Iran per gli Affari internazionali, non ha escluso l'invio di truppe di Teheran in Libano, proprio come fatto nel 1981. E se il neo Presidente iraniano Pezeshkian ha finora usato toni concilianti rispetto ai suoi predecessori - "non vogliamo la guerra" ha dichiarato persino pochi giorni fa - cresce nel frattempo l'insofferenza di molti conservatori oltranzisti dell'ala più fondamentalista vicini alla guida suprema. E nella Repubblica islamica a prendere le decisioni strategiche sono proprio Khamenei e i Pasdaran. Ma l'Iran sa bene di non poter andare allo scontro diretto con Israele, troppo superiore dal punto di vista militare e tecnologico, senza contare la capacità nucleare di Tel Aviv. Proprio per questa consapevolezza negli anni ha agito soprattutto in modo indiretto armando formazioni come Hamas a Gaza, gli Houthi nello Yemen e appunto Hezbollah in Libano, finora punta di lancia di Teheran in Medioriente e adesso priva di leadership e decisamente in difficoltà.