In un breve passaggio di "Guerra e pace", uno dei libri preferiti da Vladimir Putin, il conte Nikolaj Rostov, che Tolstoj aveva modellato sulla figura di suo padre, arrivato sul campo di battaglia, coperto di morti e feriti, viene assalito da un sentimento di paura. Non temeva per la propria vita, spiega Tolstoj, ma di perdere quel coraggio che gli era indispensabile per sopportare la vista di quelli infelici. Il soldato colpito combattendo per difendere il paese, il fratello in armi straziato dal dolore fa vacillare anche la fermezza dei militari più valorosi. Diventa simbolo e monito. Lo sanno bene i combattenti del Battaglione Azov, che da oltre 75 giorni asserragliati nell'acciaieria di Azovstal, sono riusciti a frenare i piani di conquista di Putin impedendogli la presa di Mariupol. "Nessuna resa", continuano a dire dai cunicoli sotterranei, senza luce ed acqua, provando a scacciare l'ombra dell'ideologia di estrema destra su cui il Battaglione si è fondato ma che ora non aiuta. Ora c'è spazio solo per lo sforzo eroico dei moderni Davide contro il Golia russo, armati dall'Occidente ma soprattutto della loro innegabile abnegazione per la causa. Non però senza sacrificio. Sacrificio che non sono più intenzionati a nascondere. Sul loro canale Telegram hanno, non a caso, pubblicato le foto di soldati feriti. Braccia e gambe amputate, visi deformati dalle cicatrici, bendaggi di fortuna, mutilazioni permanenti fra polvere e sudore. E poi gli occhi. Occhi che guardano l'obiettivo con una fiera rassegnazione di chi ha più paura della sconfitta che della morte. C'è anche chi beffardo fa un segno della vittoria con le dita, ma le condizioni dentro ciò che rimane dell'impianto sono oltre il limite. Nel diffondere le foto il Battaglione Azov si è rivolto all'Onu, alla Croce Rossa, al governo di Kiev, perché non ignorino questa situazione, soccorrano i feriti. Appelli a cui però Mosca non risponde, rendendo vano ogni tentativo di aprire dei corridoi per evacuare i combattenti feriti e continuando a bombardare senza sosta ciò che resta dell'acciaieria. Mentre il medico del Battaglione confida disperato la sua impotenza nel veder morire gli uomini anche solo per ferite infettate a causa della mancanza di antibiotici. Proprio come ai tempi di "Guerra e pace", solo che sono passati più di due secoli.