Dopo il terrore dell'esplosione, che martedì ha devastato gran parte della città a Beirut è il momento della solidarietà ma anche della rabbia. Nei quartieri più colpiti i residenti liberano le strade dalle macerie delle proprie abitazioni, puliscono. Il dramma che ha investito la capitale e fatto una strage lasciando senza casa circa 200000 persone è, per i cittadini di Beirut, l'ultimo capitolo di decenni di pessima gestione da parte di una classe politica accusata di clientelismo e corruzione. Negli ultimi anni la città è stata invasa dai rifiuti senza che le amministrazioni locali fossero capaci di gestire la crisi. L'intero Paese vive tra continui tagli di corrente elettrica e fa affidamento sui generatori privati per avere la luce perché alle centrali manca il carburante per funzionare. La responsabilità di quel 2750 tonnellate di nitrato d'ammonio all'origine della tragedia, ricade ora sul Governo. Sarebbero state sequestrate da una nave battente bandiera moldava in rotta per il Mozambico nel 2013 e da allora stoccati in un magazzino del porto. Negli anni ispettori e legali avevano messo in guardia sulla pericolosità di quel materiale, eppure nessuno ha agito. La rabbia della popolazione si è già manifestata. Il convoglio dell'ex premier Saad Hariri, in visita alle zone colpite è stato preso di mira da alcuni cittadini. A ottobre, prima che la pandemia aggravasse una già pesante crisi economico e finanziaria, la lira libanese ha perso l'85 per cento del suo valore, i prezzi degli alimenti sono aumentati come il tasso di disoccupazione, milioni di persone erano già scese in strada in tutto il Paese per protestare contro un Governo incapace di governare.