C'è il confine, c'è la Valle della Beqa' e poi, nella guerra tra Israele ed Hezbollah, c'è il fronte più caldo, quello della capitale. I quartieri sciiti sono case rifugio, se non sempre per uomini e armi, certamente per idee e sostegno a favore della milizia partito devota a Teheran. Quartieri come questo, dove venerdì scorso è stato ucciso a Hassan Nasrallah, il leader del partito di Dio. Siamo a Dahieh nella periferia sud di Beirut, roccaforte di Hezbollah, martedì primo ottobre un altro strike da parte dell'aviazione israeliana ha letteralmente raso al suolo un palazzo residenziale, possiamo vedere ancora le colonne di fumo, si sente l'odore acre, si fa fatica a respirare e bruciano gli occhi. Israele da circa due settimane sta compiendo dei raid, a detta dell'esercito israeliano, mirati per andare a colpire ... e altri esponenti di Hezbollah. Decine gli ordini di evacuazione diramati dal portavoce dell'esercito israeliano, seguiti da missili che hanno trasformato il volto della maggior parte dei sobborghi meridionali della capitale. Aree densamente popolate dalla comunità sciita, oggi, forse, ancora più devota a quello che viene considerato un padre spirituale, Nasrallah. Tra le macerie dei palazzi, il fumo, l'incertezza del domani, c'è chi non teme quello che viene chiamato, tra le vie semideserte di Dahieh, il piccolo satana, ossia Israele. Molti scappano, ma molti altri restano. Sono gli irriducibili, quelli che sembrano non temere le azioni di Israele che ha promesso di continuare i raid fino a quando gli attacchi dal sud verso il nord dello stato ebraico, iniziati all'indomani del 7 ottobre in sostegno di Hamas, non si fermeranno. La percezione è che gli uomini del ... sciita non faranno un passo indietro, perché come gridano tra i palazzi tagliati a metà, sono pronti al sacrificio, al martirio, come dicono loro e a morire per la resistenza.