Si chiamava Keenan Anderson, aveva 31 anni, era un padre e faceva l'insegnante in un liceo. Il pomeriggio del tre gennaio scorso, al volante della sua BMW, provoca un piccolo incidente stradale a Venice Beach sobborgo di Los Angeles. Quando arriva la polizia va nel panico, dice cose senza senso, prova a scappare, gli agenti lo immobilizzano a terra ma lui resiste, chiede aiuto. Lo stordiscono con il teaser, la pistola che spara una scossa elettrica non letale, una scarica di 30 secondi poi di altri cinque. Keenan Anderson muore per arresto cardiaco quattro ore e mezzo più tardi in ospedale. Un film visto molte volte, ripreso dalle telecamere indossate obbligatoriamente dagli agenti e diffuso solo oggi. È stato un problema medico, ha detto il capo della polizia di Los Angeles, specificando che è un primo esame ha rivelato nel sangue del giovane la presenza di cannabis e cocaina e giustificando l'intervento degli agenti con il comportamento esagitato e potenzialmente pericoloso. Keenan Anderson era cugino di una delle fondatrici del movimento Black Life Matters, si era trasferito in California dalla Louisiana, in cerca di un ambiente più aperto e progressista. Poco prima di perdere conoscenza, mentre giaceva schiacciato a terra, è riuscito a dire: "Stanno cercando di farmi fare la fine di George Floyd". Nonostante lo sdegno mondiale sollevato dall'omicidio di Minneapolis e la condanna di quei poliziotti, le statistiche e le storie come quella di Keenan, dimostrano che oggi in America le vite dei neri contano, ma ancora meno.