Hitoshi Motoshima sopravvissuto della bomba, quel giorno lontano del 9 Agosto 1945 era lontano dalla città, non è andato a scuola e per questo si è salvato. Per oltre 16 anni è stato sindaco di Nagasaki, amato e rispettato da tutta la cittadinanza, eletto per quattro mandati di seguito, con maggioranze bulgare, fino a quando, nel 1988 ebbe il coraggio, non solo di associare il bombardamento nucleare all'Olocausto degli ebrei, ma di accusare l'imperatore Hirohito, morto due anni prima di avere contribuito a provocarli, essendo tra i responsabili della guerra. Un pensiero certamente condiviso da sempre più giapponesi, ma che nessuno aveva avuto il coraggio di esporre così chiaramente e in pubblico, durante una cerimonia ufficiale. La vendetta dei nazionalisti a lungo pianificata arrivò all'improvviso a tradimento, dopo due anni, un giovane, poi condannato a 12 anni, ma uscito dopo appena quattro anni di prigione, gli spara alle spalle, perforandogli un polmone e mancando di un soffio il cuore. Motoshima lotta per mesi in ospedale contro la morte, riceve migliaia di lettere private di solidarietà, ma le istituzioni e gli elettori lo abbandonano. Perché? Perché siamo un paese sconfitto e umiliato cui hanno sottratto, evitando di processare l'imperatore il privilegio della consapevolezza del pentimento e dell'espiazione, in altre parole, ci hanno rubato la memoria. Forse è per questo che il Giappone viene ancora guardato con sospetto. Finché non avremo il coraggio di riconciliarci con la nostra storia, riappropriandoci del diritto alla memoria questo Paese non ha futuro. Peccato, perché siamo un popolo pacifico e laborioso, con un unico difetto: non sappiamo disobbedire. Vedete se c'è una qualità che ho imparato da voi italiani è proprio quella per la quale la maggior parte dei giapponesi invece vi accusa: il tradimento, la resa. Disobbedire, arrendersi, quando si ha la consapevolezza dell'errore è una virtù, non un difetto. Invidio il coraggio dimostrato dalla vostra resistenza, la capacità che avete avuto di chiudere i conti con il fascismo senza aspettare la giustizia dei vincitori, il cammino di libertà che da allora avete percorso.