Il luogo, il cuore della democrazia britannica; il messaggio, la svolta nella storia contemporanea del Regno Unito. Dopo 44 anni di appartenenza, a nove mesi dal referendum, Londra formalizza la sua decisione di uscire dall’Unione Europea: “Questo è un momento storico, non ci sarà un modo per tornare indietro”. Un discorso alla Camera dei Comuni, una lettera di sei pagine e sette princìpi per indicare la strada, nei prossimi 24 mesi di negoziati, consegnata a Bruxelles. Strada auspicata da Londra, da percorrere – si legge nel testo – in uno spirito di sincera cooperazione. La durezza della vigilia lascia il posto a toni concilianti e aggressività mascherate. Il Primo Ministro britannico esalta i valori europei: si promette vicino ed alleato esemplare, auspica trattative parallele, da un lato il divorzio, dall’altro le relazioni future. Sicurezza ed economia, ovvero commercio, sono in primo piano; “altrimenti, si legge, saremo più deboli e ci sarebbero comunque le regole dell’Organizzazione Mondiale del Commercio”. Bruxelles su questo chiude la porta. Da questo si inizia a trattare. Da questo e dai cittadini: 3 milioni di residenti comunitari nel Regno Unito, un milione di britannici nell’Unione Europea. Tutto sul tavolo delle trattative. Il Ministro degli Esteri, Angelino Alfano a Londra, ottiene piena rassicurazione per la comunità italiana dall’omologo Boris Johnson. Parla ai 27, e parla al Regno Unito, Theresa May, promette di lavorare per tutti e chiede unità. Ma dalla Scozia, Nicola Sturgeon scandisce: “questo è un salto nel buio”. Per il 48 per cento dei britannici, entro dieci anni, Edimburgo sarà indipendente, ma secondo lo stesso sondaggio Skidata, per il 55 per cento la May sarà in grado di chiudere il miglior accordo possibile.