Nessun contatto, nessuna visita, nessuna possibilità di difendersi. Su Alberto Trentini, cooperante italiano 45enne, l'unica certezza è che da due mesi si trova in una cella venezuelana e che da due mesi ambasciatore e console italiano si danno il cambio di fronte al carcere militare di Caracas dove dovrebbe essere detenuto, nel tentativo di incontrarlo. Il condizionale sul suo luogo di prigionia è d'obbligo, perché le informazioni su dove sia stato portato dopo l'arresto datato 15 novembre 2024 la diplomazia italiana le ha ottenute dalla nostra intelligence e non da fonti ufficiali venezuelane. Ad accendere i riflettori sul caso di Alberto, che lavora per una ONG che assiste i disabili, è arrivata la denuncia dei familiari che chiedono al Governo Meloni di attivarsi con la massima determinazione per garantire il rispetto dei suoi diritti fondamentali e assicurare il suo rientro in Italia. Ma al recente incontro tra l'ambasciatore italiano De Vito e il Ministro degli Esteri del Governo Maduro, la risposta sul caso è stato l'annuncio dell'espulsione di tre diplomatici italiani, a scelta della Farnesina. Sono proprio i rapporti ai minimi termini tra Governo italiano, che non riconosce il risultato delle recenti presidenziali in Venezuela, e Nicolas Maduro che le ha vinte tra accuse di brogli e repressione del dissenso, a complicare la situazione. Per il responsabile della diplomazia di Caracas, Yvan Gil, la riduzione del personale dell'ambasciata italiana, insieme a quello di Francia e Olanda, è dovuto a quella che ha definito condotta ostile dei Governi dei tre Paesi. E il Ministro degli Esteri Antonio Tajani replica convocando alla Farnesina l'incaricato d'affari venezuelano, affermando inoltre che l'Italia continuerà a chiedere a Caracas di rispettare leggi internazionali e volontà democratica del suo popolo. Con Alberto Trentini possibile strumento di pressione di Maduro sul nostro Esecutivo.