La prossima udienza è fissata il primo febbraio ma stavolta Patrick Zaki potrà attenderla insieme con la sua famiglia, finalmente, in libertà. La notizia della sua scarcerazione è arrivata 22 mesi dopo l'arresto, avvenuto all'aeroporto del Cairo il 7 febbraio 2020, con l'accusa di aver diffuso notizie false dentro e fuori il Paese. Per un articolo, in particolare, in cui Zaki denunciava le scarse garanzie offerte dal Governo al-Sisi e la discriminazione nei confronti della minoranza copto-cristiana. 22 lunghissimi mesi di carcere duro prima a Tora, poi a Mansura, scanditi da continui rinnovi della custodia cautelare. Il processo continuerà. Rischia fino a cinque anni di carcere. Ma la gioia, in questo momento, è tanta. Il padre di Patrick, ascoltata la decisione nell'aula del tribunale di Mansura, ha ringraziato quanti si sono spesi per suo figlio. Ha abbracciato i due diplomatici italiani presenti. Diverse le reazioni anche in Italia a partire dal Premier Draghi che ha espresso la propria soddisfazione mentre il Ministro degli Esteri Di Maio ha fatto sapere che si continua a lavorare con costanza e impegno. E proprio dall'intensa attività diplomatica portata avanti da Di Maio e dal suo omologo egiziano si è riusciti ad arrivare a questo primo risultato. Non è finita qui. Ma è un passo, forse, un segnale di distensione da parte dell'Egitto nei confronti dell'Italia dopo anni segnati dalla mancata collaborazione, dai tentativi di depistaggio sul caso Regeni. Ed è probabilmente proprio a questo, a Patrick, a Giulio, che pensa il Ministro della Transizione Ecologica Cingolani quando dice: "Andare là, in Egitto, alla COP27 del 2022, facendo finta di nulla, a me pesa, pesa moltissimo".