Lui, Evgeny Prigozhin, viene chiamato con disprezzo "il cuoco di Putin". Loro, i suoi combattenti, gli "uomini verdi", come i soldatini di plastica, anche qui con scarso rispetto. Eppure, i miliziani del gruppo Wagner non hanno nulla di ridicolo, sul campo. Un po' mercenari, un po' milizia privata, un po' corpo speciale, sfuggono alle definizioni ufficiali. Quel che è certo è che sono una sorta di esercito privato al servizio del Cremlino. In gran parte ex Specnaz, i corpi speciali di eredità sovietica, celebri per i feroci addestramenti, sono meglio pagati ed equipaggiati dell'esercito regolare. Anche se non sempre la linea di demarcazione tra privato e pubblico è chiarissima, in Russia. Altrimenti non si spiegherebbe la polemica di Prigozhin per la penuria di forniture verso i suoi uomini impegnati a Bakhmut. Ma, a parte questi screzi, la Wagner è sempre stata il pugno di ferro del Cremlino. Con ancora minori scrupoli rispetto ai già bassi standard russi, gli uomini della milizia privata sono accusati di violazioni dei diritti umani, crimini di guerra, omicidi politici. Accuse cui la Wagner neanche si degna di replicare. Oltre all'Ucraina operano in molti altri teatri come la Siria, dove sono stati presenti dal 2015 al '21, facendo pendere il conflitto a favore del regime di Assad, fedele a Mosca. In Libia, attivi dal 2018, sono stati la chiave dell'avanzata del generale cirenaico Khalifa Haftar. Si sono bloccati alle porte di Tripoli per la presenza dei turchi, solo per evitare frizioni con l'alleato Erdogan. Restano a Tobruk, zona dove si sono spostati i porti dei trafficanti di esseri umani, secondo quanto sostiene il Ministero dell'Interno italiano. In Mali sono entrati nel 2021 per sostituire i francesi impegnati nella lotta al radicalismo islamico. Stessa sorte nel Burkina Faso, così come anche l'instabile Repubblica Centrafricana, che ha visto l'arrivo degli uomini verdi nel 2018 per fronteggiare le milizie ribelli. Tutti paesi di partenza o transito dei flussi migratori, che hanno segnato un incremento dei traffici. Più articolato l'intervento in Sudan dove la Wagner si è schierata a fianco del Presidente Bashir per impedire la seccessione del Sud Sudan e anche del travagliato Darfur. E se è vero che non sempre la milizia è stata risolutiva, pronunciare il nome Wagner in un campo di battaglia suscita sempre, comunque, un brivido di terrore.