"Sasuga Suga", scrivono i giornali giapponesi, il grande Suga. Pressoché ignoto al grande pubblico, almeno fino a quando l'anno scorso annunciò al mondo il nome della nuova era imperiale, Reiwa, offrendone tra l'altro un'interpretazione rivelatasi poi errata, e fino all'uscita del docufilm "The journalist" presto anche in Italia, in cui lo si vede ignorare o rispondere con arroganza alle domande di una giovane e combattiva giornalista locale. Yoshihide Suga, 71 anni, nuovo premier designato, accreditato di ben 200 flessioni al giorno, 100 la mattina e oltre cento la sera prima di coricarsi è un fedelissimo di Shinzo Abe, del quale è stato con una continuità sinora sconosciuta in Giappone il capo di gabinetto e portavoce per tutta la durata della sua amministrazione, la più lunga dal dopoguerra, oltre sette anni. Membro anche lui dell'associazione nazionalista Nippon Kaigi, di cui fanno parte 291 membri del Parlamento su 480 e ben 15 Ministri su 18 dell'attuale Governo, nota per le sue posizioni revisioniste e negazioniste sulla storia, e grande sostenitrice di una delle promesse non mantenute, Diabe, la riforma della Costituzione. Suga rappresenta la soluzione più scontata e politicamente meno rischiosa per un Giappone in profonda crisi. Si parla di un calo record del Pil dell' 8%, il peggiore dell'Asia, che dovrà comunque andare alle elezioni entro un anno. In attesa che emergano i nuovi leader, meglio dunque puntare sulla continuità nel bene e nel male dell'amministrazione uscente. E infatti, nella sua lunga conferenza stampa, come sempre seguita da poche concordate domande Suga ha confermato di voler seguire rigorosamente le scelte del suo predecessore, dall'Abenomics alla politica estera. Difficile che in poco più di un anno, forse molto meno visto che già si parla di elezioni anticipate, riesca a ottenere quello che il suo predecessore e mentore non è riuscito per sua stessa ammissione a realizzare in oltre sette anni.