Da giorni di rabbia a urla di gioia. Le piazze sudcoreane esultano tra lacrime e striscioni per l’approvazione della mozione di impeachment del presidente Yoon Suk Yeol, voluta dall’opposizione e passata al secondo tentativo. Questa volta neanche i conservatori lo hanno appoggiato. La mozione è stata approvata all’Assemblea con 204 voti a favore. La maggioranza raggiunta anche grazie ai 12 voti del partito di governo. “Non mi arrenderò mai e farò del mio meglio fino all’ultimo minuto”, così Yoon ha commentato la messa in stato di accusa, continuando a dirsi “frustrato” e senza mai rinnegare quelle sei ore di legge marziale che hanno sconvolto il Paese. Gli affari di Stato sono passati al Primo ministro Han Duck-Soo, un uomo dell’establishment su cui l’opposizione ha però molte riserve: alla riunione che ha preceduto il caos del 3 dicembre, c’era anche lui. La strada per l’impeachment è ancora lunga. i Il destino di Yoon è ora nelle mani della Corte costituzionale a cui spetta confermare o respingerne la rimozione. La Corte ha 180 giorni per esprimersi, ma potrebbe aspettare di farlo solo a composizione completa. Al momento mancano infatti tre giudici. Una flebile speranza per i pochi sostenitori di Yoon rimasti per le strade di Seul.